mercoledì 3 ottobre 2012

UniMi: le responsabilità di ciascuno


Di Gabriella Venturini

Gabriella Venturini è Professore ordinario di Diritto internazionale
Presso il Dipartimento di Studi Internazionali, Giuridici e Storico-Politici




Il programma presentato da Francesco Ragusa a sostegno della sua candidatura presenta il pregio di esporre con chiarezza non solo intenzioni, ma anche precisi dati relativi alla situazione presente dell'Ateneo e alle possibilità concrete d'intervento. Ne vorrei commentare brevemente solo alcuni, che mi sembrano particolarmente significativi.

1. Finanziamento del diritto allo studio e politiche per la didattica.

È sconcertante constatare la sperequazione, svantaggiosa per UNIMI,  fra i finanziamenti erogati dalla Regione alle università lombarde. Un'azione decisa per ridurle mi sembra essenziale. Un aspetto correlato è l'aumento della disponibilità di residenze universitarie, non solo per gli studenti iscritti ai corsi di laurea e laurea magistrale, ma anche ai dottorati e master universitari, la cui attrattività internazionale è fortemente limitata dalla scarsa "ospitalità" attualmente offerta dal nostro Ateneo.
In parallelo è necessario, a mio avviso, lo sviluppo di una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte degli studenti Lo studio è impegno e non sempre il risultato risponde alle aspettative, ma dovrebbe comunque suscitare una riflessione sulle proprie capacità e reali attitudini. Si chiedono, gli studenti, se disporre di una possibilità virtualmente illimitata di sostenere un esame che non riescono a superare, o che potrebbero superare con un risultato inferiore alle proprie aspettative, favorisca la loro maturazione e le loro possibilità di successo dopo la laurea? Su questo aspetto anche il corpo docente dovrebbe, a mio avviso, riflettere in occasione delle riforme degli ordinamenti didattici che saranno rese necessarie dalla legislazione o dalle necessità di bilancio.

2. Politiche per il personale.

a) Personale non docente.
La legge 240/2010 e il vigente Statuto conferiscono ai dipartimenti la responsabilità dell'organizzazione sia delle attività di ricerca, sia della didattica. Ma i dipartimenti dell'Ateneo sono attrezzati in maniera assai diversa per far fronte a questi compiti. Il ruolo del personale non docente è cruciale ed è necessario che in tutte le strutture dipartimentali vi siano le competenze per espletare al meglio le diverse attribuzioni. A questo scopo sarà indispensabile procedere a delle riassegnazioni di unità di personale, da strutture in cui vi sono delle eccedenze ad altre che si trovano in situazioni di oggettiva sofferenza. In questo caso, è il personale non docente a dover mostrare disponibilità al cambiamento, che indubbiamente può provocare inizialmente dei disagi ma è sempre foriero, se interpretato dinamicamente, di crescita e di miglioramento.

b) Personale docente
L'avvio delle abilitazioni nazionali prefigura una situazione nella quale molti ricercatori e professori associati di UNIMI, data la loro validità scientifica, conseguiranno l'idoneità al passaggio a una fascia superiore, non senza però dover superare un concorso aperto non solo agli altri idonei del loro settore, ma anche a professori già in servizio presso altre Università. Il nostro Ateneo ha sinora seguito una politica molto favorevole al progresso di carriera dei docenti interni, ma il nuovo sistema li metterà in una condizione di competizione con candidati esterni, presumibilmente più impegnativa e difficile rispetto alle precedenti procedure di chiamata. Senza nulla togliere alle legittime aspirazioni dei giovani colleghi, mi chiedo se tutti noi siamo consapevoli che le Università "eccellenti", in Italia e all'estero, privilegiano gli apporti esterni, soprattutto nel reclutamento della fascia più alta della docenza. Ancora una volta, sarebbe opportuna in proposito una riflessione sulla politica di reclutamento che l'Ateneo ha perseguito negli ultimi anni, e intende perseguire nel prossimo futuro.

3. Rapporto fra Amministrazione centrale e dipartimenti.
La legge 240/2010 prevede un considerevole accentramento della governance dell'università italiana e il nostro nuovo Statuto vi si è adeguato. Non considero in modo negativo questa situazione. Ritengo anzi che i docenti universitari siano gravati da una molteplicità di compiti burocratici che non facilitano il progresso della loro attività scientifica né la qualità del loro insegnamento. È avvertito, da parte del corpo docente, il bisogno di un sempre maggiore supporto da parte dell'amministrazione, nella programmazione della didattica, nella gestione dei servizi, nei processi di valutazione, nella presentazione dei progetti europei... Ma come conseguire la migliore collaborazione reciproca? Come ottimizzare l'interazione fra centro e periferia? L'Università di Milano comprende una serie di strutture così differenziate, che ogni progetto di completa armonizzazione non può che risultare velleitario. Nello stesso tempo, è indispensabile che si consolidi la percezione di UNIMI come una realtà coesa e solidale. A questo scopo si deve, a mio avviso, riconoscere e valorizzare le differenze che non pregiudicano l'efficienza dell'insieme, ma ne favoriscono il miglioramento. Governare la diversità senza mortificarne le esperienze più innovative e originali costituisce la sfida principale per chi guiderà il nostro Ateneo nei prossimi anni.


Nel concludere queste brevi osservazioni vorrei congratularmi con Francesco Ragusa per l'accuratezza del suo programma, che offre a chiunque voglia leggerlo un quadro completo delle problematiche del nostro Ateneo e delle concrete possibilità di affrontarle nel prossimo futuro.

lunedì 1 ottobre 2012

Le sfide per un futuro nella ricerca

di Martino Bolognesi


Professore di Chimica Biologica presso il Dipartimento di BioScienze 
dell’Università degli studi di Milano.

Martino Bolognesi si occupa di Biologia Strutturale, applicando la diffrazione di raggi X allo studio della struttura tridimensionale delle macromolecole biologiche. Le ricerche condotte trovano applicazione nello studio di processi fondamentali della biologia a livello di meccanismi molecolari, nella progettazione di farmaci e in direzioni biotecnologiche. Si è formato negli Stati Uniti (U. of Oregon) e in Germania (Max Planck Ins. f. Biochemie, Monaco). Ha lavorato presso le Università di Pavia, di Genova, e dal 2005 è Professore di Chimica Biologica presso l'Università degli Studi di Milano. È membro EMBO, ed ha partecipato a diversi consigli scientifici in istituzioni europee, tra cui EMBL e ESRF.



Ogni cambiamento al vertice rappresenta un momento di discontinuità nel quale una fase in chiusura viene considerata alla luce di quanto ci si aspetta o si programma per il futuro. L’elezione del nuovo Rettore dell’Università Statale di Milano, in particolare, è un evento che riguarda non solo la futura formazione di migliaia di studenti, gli sviluppi e le opportunità di lavoro di alcune migliaia di colleghi, tra personale docente e tecnico/amministrativo, ma anche le linee e le strategie di ricerca di un Ateneo che rappresenta un importante nodo scientifico nazionale, con evidenti importanti ricadute sullo sviluppo della cultura cittadina e nazionale. 

Essendo giunto a Milano nel 2005 non ho vissuto un periodo particolarmente lungo per acquisire la stessa conoscenza approfondita dell’Ateneo che altri colleghi hanno, per cui non svolgerò un’analisi dettagliata del passato. Mi sorgono però spontanee alcune riflessioni riguardo alle dinamiche del mondo accademico di questi ultimi anni, come spunto di riflessione e riferimento per l’attività futura. È sotto gli occhi di tutti quanto velocemente mutino le condizioni di lavoro in cui operiamo, e non solo nel mondo dell’Università. Se penso solo a pochi anni fa, vedo intorno a me strumenti di ricerca di impatto e potenzialità insperate (per esempio, nel mio campo, cito l’applicazione della radiazione di sincrotrone alla biologia, o lo sviluppo di frontiere quali la genomica e la proteomica). Di converso, il supporto ministeriale alla ricerca accademica è sceso a livelli scarsamente significativi, e negli ultimi 4-5 anni le prospettive di sviluppo di una carriera in Università sono profondamente cambiate, in particolare per le leve più giovani. Inoltre, questa fase di cambiamento prospettico è ancora in atto, senza che la configurazione finale cui si mira sia del tutto chiara. La stessa didattica universitaria, spesso per molti di noi caratterizzata da grandi numeri di studenti, trova supporti nuovi ma anche nuove esigenze formative, giustamente presentate dagli studenti, alla ricerca di professionalità non sempre individuabili, o in un continuo riaggiustamento, nel contesto socio-economico attuale. Ecco, credo che queste criticità, legate alla vita dell’intero sistema universitario italiano, passato e presente, debbano costituire un motivo di profonda analisi e un fronte prioritario di riflessione da parte di un candidato Rettore ad UNIMI.

Riguardo ad una visione sul futuro del nostro Ateneo penso che il prossimo Rettore debba muovere da un una constatazione di fondo, e cioè che UNIMI rappresenta in molti campi della ricerca un riferimento di primo piano a livello internazionale. Certamente la formazione superiore è una delle principali missioni dell’Ateneo; ma sappiamo tutti che non è possibile una didattica di qualità se alle spalle non esiste una ricerca di elevata qualificazione. Il nostro Ateneo si posiziona ai primi posti in diversi settori a livello nazionale. Occupa inoltre posizioni importanti a livello Europeo e mondiale in diversi settori della ricerca scientifica, nonostante queste classifiche siano spesso mal interpretate o usate, anche a livello ministeriale. 

Inoltre, UNIMI è presente in un contesto territoriale di altrettanto elevato livello, con la presenza di altri Atenei, centri di ricerca pubblici e non-accademici rinomati, che offrono potenzialità quasi uniche in Italia. Vedere UNIMI come parte di una grande area scientifico-culturale lombarda dovrebbe essere un importante ‘incipit’ del nuovo Rettorato, cui rifarsi nell’assegnare priorità e investimenti, e da cui dovranno discendere risultati traslabili nelle varie direzioni istituzionali (didattica in primis, ma anche collaborazioni locali/nazionali/internazionali - da promuovere - , collaborazione e promozione della ricerca industriale - su diverse scale applicative - , premialità per i Dipartimenti o iniziative specifiche, ecc.). 

In riferimento all’area sceintifico-culturale milanese, UNIMI potrebbe farsi promotore della costituzione di importanti infrastrutture di ricerca, in collaborazione con altri Atenei e Istituzioni del nostro territorio. Sappiamo che mancano le risorse per creare queste infrastrutture presso un singolo Dipartimento, forse presso un singolo Ateneo; l’unione di importanti Istituzioni di ricerca milanesi avrebbe un peso politico importante, e potrebbe rendere possibile ciò che non è accessibile ai singoli. Ritardi in questa direzione sono sempre più preoccupanti.  Così pure, UNIMI dovrebbe essere sede di organizzazione di un maggior numero di Meetings, Workshops e Corsi formativi di portata internazionale; i numeri attuali non sono indicativi di un Ateneo in crescita. Anche a questo proposito sono necessarie iniziative rettorali di indirizzo. In una parola, ritengo che si debba cooperare a tutti i livelli, partendo dal Rettore, affinché UNIMI si collochi complessivamente entro le prime 30-40 Università europee.

Sono convinto che per affrontare le sfide poste dalla serie di problematiche brevemente esposte sarà necessario che il nuovo Rettore ne possieda piena conoscenza e consapevolezza , acquisisca e dimostri capacità operative efficaci, un fattore non semplice nel nostro establishment, peraltro impegnato pesantemente nella applicazione della L240  (la bagarre che sta caratterizzando il mondo accademico in questi giorni, relativamente alla questione delle mediane da definire per le abilitazioni, è solo un esempio di quanto ogni azione riformista possa essere rallentata o distratta da eventi esterni). Credo che la strada per guidare UNIMI verso una risposta adeguata ai tempi che viviamo possa scaturire  solo da un’analisi molto approfondita, direi quasi svolta con metodo scientifico, del sistema-ateneo in cui viviamo. 

Ritengo che il programma analitico presentato da Francesco Ragusa vada correttamente in questa direzione e che la sua figura possa garantire l’attenzione sensibile, il rigore puntuale e l’impegno a largo spettro sui molteplici fronti in cui si gioca la sfida  per il futuro dell’Ateneo.

Martino Bolognesi
Professore di Chimica Biologica
Dipartimento di BioScienze